Riportiamo qui sotto una lettera trovata in rete riguardo il ruolo degli allenatori nelle società di basket giovanile  i cui contenuti sono pienamente condivisi dall’A.S.D. Marcon Basket.

Gli attuali e i futuri allenatori dei nostri ragazzi, secondo quanto stabilito dalla nuova linea societaria, dovranno infatti condividere totalmente i principi di seguito esposti.

Buona lettura!

 

Il buon allenatore è colui che riesce a portare a un buon livello il giovane che si allena con passione e costanza non chi vince un campionato con i talenti

“Ricco dell’esperienza che ho accumulato questi ultimi anni come genitore di due giovani cestisti che hanno giocato in ben quattro squadre diverse e hanno avuto ben sette allenatori diversi, e prendendo spunto anche dalla mia esperienza (remota) come giocatore, ho pensato di mettere per iscritto alcune mie riflessioni per quello che riguarda l’organizzazione e la gestione delle squadre di pallacanestro giovanile, nella speranza che nei miei scritti potrebbero trovare qualcosa di utile i dirigenti e gli allenatori di squadre di pallacanestro giovanile.
Per primis dobbiamo rilevare la distinzione netta che esiste tra pallacanestro professionistica (di ogni categoria) e pallacanestro giovanile. Lo scopo primario di ogni squadra professionistica è la vittoria, se possibile in ogni partita giocata. Questo scopo di solito è legato a dei fini finanziari ma non approfondiremo quest’aspetto cui. I giocatori professionisti (quindi pagati dalla società) devono essere gestiti dall’allenatore nel modo di servire lo scopo della squadra professionista, cioè la vittoria in ogni partita. In tal contesto non è sorprendente di vedere giocatori di fare la stagione cestistica intera in panchina, perché cosi è stabilito dall’allenatore che segue la ricerca delle vittorie. Inoltre, anche il giocatore panchinaro stesso ha capito e accettato che questo sarebbe il suo ruolo nella squadra (visto che ha accettato lo stipendio offerto dalla società). Cioè un ruolo ausiliario che potrebbe diventare sostanziale solo nel caso di vari infortuni o impedimenti dei giocatori principali nel svolgere il loro compito.
Ben diverso è lo scopo di una società che gestisce squadre di pallacanestro giovanile. L’obiettivo primario di una squadra di pallacanestro giovanile è di fare crescere i giovani giocatori messi a sua disposizione dai loro genitori. Ovviamente i giovani cestisti non sono pagati, al contrario spesso i genitori sonno chiamati a offrire un piccolo contributo annuo alla società per sostenere le spese usuali legate all’uso e mantenimento della palestra, al pagamento degli allenatori, al costo di possibili trasferte etc. La vittoria nelle partite giocate da una squadra giovanile è uno scopo del tutto secondario, utile soltanto nella misura che tal vittoria aiuta a raggiungere l’obiettivo principale dell’accrescimento dei giovani giocatori tramite un incremento della loro motivazione verso la pallacanestro; motivazione che verrebbe possibilmente stimolata dalla vittoria. Ne segue che la gestione dei giocatori dalla parte dell’allenatore e dalla società deve servire soprattutto l’obiettivo primario e non la ricerca forzata della vittoria in ogni partita. In parole povere la gestione di una squadra giovanile non ha in comune quasi niente con la gestione di una squadra professionistica.
Dopo avere stabilito che l’obiettivo primario di una squadra di pallacanestro giovanile è la crescita dei ragazzi veniamo a esaminare come tal crescita può essere raggiunta. Date per scontate la voglia dei ragazzi di giocare a pallacanestro e la disponibilità dei genitori di assicurare le varie trasferte verso e dalla palestra dove si svolgono gli allenamenti e ai vari campi dove si giocano le partite etc., sono soltanto due le azioni che assicurano la crescita dei ragazzi.
Per prima, un buon allenamento, continuo e della giusta intensità, che serve per far imparare a ogni giovane giocatore delle giocate di pallacanestro generiche e specifiche del suo ruolo nella squadra, ma anche come collaborare con i suoi compagni nell’insieme dei cosiddetti “schemi”, movimenti corali della squadra che vengono eseguiti durante la partita sia in difesa per impedire all’avversario di fare canestro sia in attacco per facilitare la realizzazione del canestro. Un buon allenamento è la condizione necessaria allo sviluppo cestistico di un ragazzo ma non è una condizione sufficiente. Un giovane cestista può crescere soltanto giocando delle partite “vere”, quelle del campionato al quale partecipa sua squadra. Ed è necessario che sua partecipazione nelle partite abbia una durata sufficiente per farlo “entrare” nella partita come si dice in gergo. Cioè il tempo di partecipazione deve essere lungo tale di permettere al giocatore di compensare con una giocata buona un suo possibile errore. Ovviamente partecipazioni di due, tre minuti per partita o anche partecipazioni più lunghe, ma spezzettate in particelle al intorno del minuto, si vedono spesso nella pallacanestro professionistica, ma sonno dei tutto inadeguati al servire lo scopo principale della pallacanestro giovanile. Questo perché lo scopo della pallacanestro giovanile è del tutto diverso da quello professionistico come abbiamo visto. Quindi il compito dell’allenatore di una squadra di pallacanestro giovanile è duplice; offrire dei buoni allenamenti-insegnamenti di pallacanestro e assicurare un tempo di gioco cospicuo a tutti i suoi giocatori nelle partite “ufficiali”.
Per quello che riguarda gli allenamenti, le riflessioni sopra esposti possono essere trasformarti nelle seguenti semplici “regole”. Assumendo che la squadra giovanile fa quattro allenamenti la settimana la distribuzione del lavoro potrebbe essere come in seguito:
– primo allenamento settimanale: 2/3 devoti all’atletica, 1/3 partitela di divertimento
-secondo allenamento settimanale: interamente devoto all’insegnamento dei cosi detti “fondamentali”
-terzo allenamento settimanale: 1/2 come sopra, 1/2 insegnamento di “schemi”
-quarto allenamento settimanale: insegnamento di “schemi” nell’ambito della preparazione della partita (abitualmente giocata la fine settimana)
Anche in relazione con il tempo di partecipazione dei giocatori nelle partite, le riflessioni esposte prima possono essere tradotte in tre semplici “regole”:
-prima regola: nessun giocatore può superare i trenta minuti di partecipazione alla partita.
-seconda regola: nessun giocatore non deve giocare meno di dieci minuti per partita.
-terza regola: un giocatore mandato sul campo deve rimanere per almeno cinque minuti.
Sarebbe auspicabile che la Federazione adottasse le regole precedenti o simili come “linee guida” per i prossimi campionati giovanili.”